TUTELA ASSICURATIVA INAIL E RIFIUTO DI SOTTOPORSI A VACCINO ANTI COVID-19 – NOTA OPERATIVA INAIL

Marzo 4, 2021
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Con la nota operativa dello scorso 1° marzo, riportata in allegato, l’INAIL, in risposta al quesito posto dall’Ospedale San Martino di Genova, afferma che il lavoratore che rifiuta di vaccinarsi e contrae il Covid-19 ha diritto alla tutela infortunistica.

In particolare, si richiedeva all’Istituto assicuratore se e quali provvedimenti debbano essere adottati riguardo al personale infermieristico che non abbia aderito al piano vaccinale anti-Covid-19, considerato che, pur in assenza di una specifica norma di legge che stabilisca l’obbligatorietà della vaccinazione, la mancata adesione al piano vaccinale nazionale potrebbe comportare da un lato responsabilità del datore di lavoro in materia di protezione dell’ambiente di lavoro (sia per i dipendenti che per i pazienti) e dall’altro potrebbe esporre lo stesso personale infermieristico a richieste di risarcimento per danni civili, oltre che a responsabilità per violazione del codice deontologico.

Veniva richiesto se la malattia infortunio sia ammissibile o meno alla tutela INAIL nel caso in cui il personale infermieristico (ma non solo), che non abbia aderito alla profilassi vaccinale, contragga il virus.

L’Istituto, dopo un’attenta analisi della fattispecie, chiarisce che vanno tenute distinte le questioni sollevate dal quesito posto attinenti al rapporto di lavoro del personale in questione, gli obblighi di prevenzione del datore di lavoro e di collaborazione del lavoratore, da quelli riguardanti la tutela del lavoratore che ha contratto il contagio da SARS-Covid-19 in occasione di lavoro.

Pertanto, si afferma che sotto il profilo assicurativo, per giurisprudenza consolidata il comportamento colposo del lavoratore, tra cui rientra anche la violazione dell’obbligo di utilizzare i dispositivi di protezione individuale, non comporta di per sé, l’esclusione dell’operatività della tutela prevista dall’assicurazione gestita dall’INAIL.

Il comportamento colposo del lavoratore può invece ridurre oppure escludere la responsabilità del datore di lavoro, facendo venir meno il diritto dell’infortunato al risarcimento del danno nei suoi confronti, così come il diritto dell’INAIL ad esercitare il regresso nei confronti sempre del datore di lavoro, ma non comporta l’esclusione della tutela assicurativa apprestata dall’Istituto in caso di infortunio.

La nota sottolinea come non risulti ipotizzabile nel caso di rifiuto a vaccinarsi, l’applicazione del concetto di “rischio elettivo”, elaborato dalla giurisprudenza per delimitare sul piano oggettivo l’occasione di lavoro e, dunque, il concetto di rischio assicurato o di attività protetta.

Il rischio elettivo infatti ricorre quando per libera scelta il lavoratore si ponga in una situazione di fatto che l’ha indotto ad affrontare un rischio diverso da quello inerente l’attività lavorativa.

Per l’Istituto il rifiuto a vaccinarsi non può configurarsi come assunzione di un rischio elettivo, in quanto il rischio di contagio non è voluto dal lavoratore e la tutela assicurativa opera se e in quanto il contagio sia riconducibile all’occasione di lavoro, nella cui nozione rientrano tutti i fatti, anche straordinari ed imprevedibili, inerenti l’ambiente, le macchine, le persone, compreso il comportamento dello stesso lavoratore, purchè attinenti alle condizioni di svolgimento della prestazione.

La nota in oggetto ribadisce che non si rileva ad oggi in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, un obbligo specifico di aderire alla vaccinazione da parte del lavoratore. Inoltre, in materia di trattamenti sanitari opera la riserva assoluta di legge di cui all’art. 32 della Costituzione, secondo cui “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Infine quindi l’Istituto afferma che “il rifiuto di vaccinarsi, configurandosi come esercizio della libertà di scelta del singolo individuo rispetto ad un trattamento sanitario, ancorché fortemente raccomandato dalle autorità, non può costituire una ulteriore condizione a cui subordinare la tutela assicurativa dell’infortunato”.

Viene in ogni caso ribadito che non opera l’automatica ammissione a tutela del lavoratore che abbia contratto il contagio e non si sia sottoposto alla profilassi vaccinale in quanto, come già precisato nella circolare INAIL n.13/2020, occorre comunque accertare concretamente la riconduzione dell’evento infortunistico all’occasione di lavoro.

Nota INAIL 1.03.2021