Con la nota 1799/2021, in allegato, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro fornisce parere in merito alla possibilità per il datore di lavoro di trasformare in Cigo con causale Covid-19 le giornate di ferie richieste dai lavoratori “già programmate e concesse”, nonché la possibilità di adottare il provvedimento di disposizione, ex art. 14 D.Lgs, n. 124/2004, da parte dell’ITL.
Nello specifico, la richiesta di parere trae origine dalla vicenda di un’azienda che ha unilateralmente tramutato la terza settimana di ferie già concesse ai propri dipendenti in Cigo Covid-19.
L’INL ricorda che l’art. 10 del D.Lgs. n. 66/2003 stabilisce che “fermo restando quanto previsto dall’articolo 2109 del c.c., il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva …va goduto per almeno due settimane consecutive, in caso di richiesta del lavoratore nel corso dell’anno di maturazione e per le restanti due settimane, nei diciotto mesi successivi al termine dell’anno di maturazione”. In forza del citato articolo 2109 c.c. si evince il riconoscimento in capo al datore di lavoro, nell’ambito dei poteri di organizzazione dell’attività imprenditoriale, la facoltà di stabilire la collocazione temporale delle ferie e in alcuni casi di modificarla.
La nota in oggetto ribadisce inoltre quanto già chiarito dal Ministero del Lavoro con l’interpello n. 19/2011, ovvero, sempreché sia rispettato il dovere di comunicazione preventiva al lavoratore del periodo feriale, eventuali deroghe alla fruizione del diritto costituzionalmente garantito dall’articolo 36, comma 3, risultano ammissibili esclusivamente nel caso in cui le esigenze aziendali assumano carattere di eccezionalità ed imprevedibilità e che come tali siano supportate da adeguata motivazione.
Costituiscono ipotesi oggettive derogatorie all’ordinaria modalità di fruizione delle ferie, tra gli altri, gli interventi a sostegno al reddito ordinari e straordinari, in cui si assiste ad una “sospensione totale o parziale delle obbligazioni principali scaturenti dal rapporto medesimo, ossia l’espletamento dell’attività lavorativa e la corresponsione della retribuzione”.
Nello specifico, nel caso di sospensione totale dell’attività lavorativa, ovvero di Cig a zero ore, non sussiste il presupposto della necessità per il lavoratore di recuperare le energie psico-fisiche cui è preordinato il diritto alle ferie. L’esercizio del diritto in questione, sia con riferimento alle ferie già maturate sia riguardo a quelle infra-annuali in corso di maturazione, può essere posticipato al momento della cessazione dell’evento sospensivo corrispondente alla ripresa dell’attività produttiva.
Nel caso di Cig parziale, diversamente, deve essere comunque garantito al lavoratore il recupero delle energie psico-fisiche correlato all’attività svolta sebbene in misura ridotta.
Pertanto, conclude l’INL, dalla ricostruzione della fattispecie emerge che il datore di lavoro non avrebbe comunicato formalmente la decisione di trasformare in Cigo Covid-19 un periodo di ferie preventivamente richiesto e già autorizzato, in violazione dell’art. 2109, comma 3, c.c..
Per tale irregolarità non è prevista alcuna sanzione amministrativa, né l’Ispettorato ritiene utile il ricorso al potere di disposizione ex art. 14 D.Lgs. n. 124/2004. Risultando infatti inalterato il plafond di ferie maturate da ciascun lavoratore, e fruibili quindi al termine del periodo di Cigo, non si evince un danno alla cui “riparazione” dovrebbe essere finalizzato il ricorso al potere di disposizione.
All.toINL nota 1799_2021
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