Assemblea dei Delegati di Confindustria – 22 e 23 maggio 2018

Si comunica che è stata convocata l’Assemblea dei Delegati di Confindustria per il 22 maggio alle ore 15.00 presso l’Auditorium della Tecnica (Viale Tupini, 65 – Roma). L’Assemblea proseguirà con la sessione pubblica il giorno dopo 23 maggio alle ore 10.30 presso l’Auditorium Parco della Musica (Viale de Coubertin 30 – Roma).

Chi è interessato a prendere parte ad entrambe le sedute o soltanto ad una delle due è pregato di comunicare la propria partecipazione entro il giorno 12 aprile al seguente indirizzo: [email protected]

Alla seduta privata del 22 maggio possono partecipare solo gli imprenditori associati, mentre per la seduta pubblica del 23 maggio è possibile estendere l’invito anche a soggetti esterni al sistema associativo (comunicando sempre l’adesione entro il giorno 12 aprile).




Premio Best Practices per l’innovazione Generatore di opportunità per imprese e startup – 6 aprile c/o Innovation Village

 

Il prossimo 6 Aprile, alle ore 16.30, si terrà la presentazione del Premio Best Practices per l’Innovazione all’interno di Innovation Village, la manifestazione che si svolgerà a Napoli dal 5 al 7 aprile alla Mostra d’Oltremare, Padiglione 5.

Oltre al Presidente del Gruppo Servizi Innovativi e Tecnologici, Edoardo Gisolfi, ed al Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori Confindustria Salerno, Pasquale Sessa, interverranno alcuni storici partner del premio per illustrare le opportunità offerta dall’ecosistema.

Il programma dei lavori prevede poi le testimonianze di alcuni partecipanti alle precedenti edizioni.

L’incontro sarà moderato da Giancarlo Donadio 
Qui il programma completo http://www.innovationvillage.it/evento/premio-best-practices-per-linnovazione/

Alla fiera si accede da Viale John Fitzgerald Kennedy, 54.

È necessario registrarsi alla pagina https://innovationvillage2018.eventbrite.it

La reception di Innovation Village è al Padiglione 6 -accanto a quella di EnergyMed, che si tiene in contemporanea: sarà controllata la vostra registrazione e vi sarà indicato il Padiglione 5, dove si tiene la manifestazione.

Il parcheggio della Mostra d’Oltremare è a pagamento, con accesso da via Terracina 110 (di fronte ospedale Sanpaolo), o da viale Kennedy 54.




Appalto e regime di solidarietà art. 29, comma 2, D.Lgs. 276/2003: circolare Ispettorato Nazionale del Lavoro n°. 6/2018

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha emanato la circolare n. 6/2018, riportata in allegato, con la quale fornisce alcuni chiarimenti in merito alla sentenza n. 254/2017 della Corte Costituzionale che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in relazione all’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003 per contrarietà agli artt. 3 e 36 Cost., ritenendo che il regime di solidarietà, disciplinato dalla predetta norma, trovi applicazione anche nelle

ipotesi di subfornitura. La Consulta ha ritenuto che la limitazione del regime di solidarietà ai soli casi espressamente previsti – di appalto e subappalto – avrebbe negato la medesima garanzia legale ai dipendenti del subfornitore, parimenti coinvolti in processi di esternalizzazione e parcellizzazione del processo produttivo, in contrasto con l’art. 3 e 36 della Cost. Con la recente sentenza n. 254/2017, la Corte Costituzionale è intervenuta sull’ambito applicativo del citato art. 29, superando le questioni poste dal Giudice remittente attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata della norma basata sulla ratio della responsabilità solidale; la Corte, infatti, chiarisce che la ratio della norma risiede nella necessità di “evitare il rischio che i meccanismi di decentramento – e di dissociazione fra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione – vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione del contratto commerciale” e pertanto “non giustifica una esclusione (che si porrebbe, altrimenti, in contrasto con il precetto dell’art. 3 Cost.) della predisposta garanzia nei confronti dei dipendenti del subfornitore, atteso che la tutela del soggetto che assicura una attività lavorativa indiretta non può non estendersi a tutti i livelli del decentramento”. In ragione di ciò l’art. 29 va interpretato nel senso che “il committente è obbligato in solido anche con il subfornitore relativamente ai crediti lavorativi, contributivi ed assicurativi dei dipendenti di questi”, a nulla rilevando, nell’economia dell’argomentare della Corte, che il contratto di subfornitura sia da ritenersi species dell’appalto o piuttosto tipo negoziale autonomo. Diversamente, per la Corte appare più rilevante constatare, alla luce del precetto costituzionale dell’art. 3, che nell’ambito del contratto di subfornitura le esigenze di tutela dei lavoratori impiegati sarebbero ancora più pregnanti che non nel caso di un contratto di appalto, stante la “strutturale debolezza” del datore di lavoro/subfornitore. Il principio tracciato dalla Corte sembra pertanto rispondere anche alle esigenze di tutela già emerse nell’ambito, ad esempio, dei rapporti tra consorzio e società consorziate – cui si è accennato – perché anche in tal caso, viene in rilievo l’esigenza di salvaguardia dei lavoratori in presenza di una “dissociazione” tra datore di lavoro e utilizzatore della prestazione lavorativa. Inoltre, l’interpretazione della Corte spiega effetti sulle ipotesi di distacco ex art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003 e del distacco di cui al D.Lgs. n. 136/2016 comportando l’applicazione dell’art. 29, comma 2, tra società estera distaccante e società utilizzatrice in Italia, non soltanto nei casi in cui la prestazione di servizi sia riconducibile ad una filiera di appalto/subappalto ma anche laddove la stessa consista in altre operazioni commerciali (cfr.art. 4, comma 4, D.Lgs. n. 136/2016).

Allegato

INL-Circolare-n-6-del-29032018-estensione-responsabilita-solidale




Accordo 9 marzo 2018 – Contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva di Confindustria e Cgil, Cisl, Uil

L’accordo definitivamente siglato il 9 marzo 2018 tra Confindustria e Cgil, Cisl, Uil, di cui Vi abbiamo dato notizia con nostra informativa dello scorso 13 marzo, è il risultato di un lungo ed articolato confronto. Nel gennaio del 2016 le tre organizzazioni sindacali avevano elaborato un documento unitario sulle relazioni industriali che non era stato accolto con favore dal nostro Sistema centrale. In quel documento, infatti, non si individuava una

chiara affermazione sulla necessità di un cambiamento della futura contrattazione collettiva che, pur salvaguardando il ruolo centrale del contratto collettivo nazionale di lavoro, valorizzasse adeguatamente la contrattazione di secondo livello e il collegamento virtuoso tra la crescita dei salari e la crescita della produttività delle imprese. Nonostante il dissenso apertamente manifestato sul tema della contrattazione, Confindustria, nel corso del 2016, aveva proseguito un confronto con le tre confederazioni sindacali al punto da siglare due importanti accordi interconfederali, l’uno nel mese di luglio (avente ad oggetto la fruizione dei benefici della c.d.”detassazione” dei premi di risultato anche per le imprese prive di rappresentanza sindacale), e l’altro, nel mese di settembre, sulle gestione delle crisi aziendali anche tramite il “piano di ricollocazione”, proposta poi accolta, nella sostanza, dalla legge di bilancio per il 2018. Soltanto nel dicembre del 2016, però, sempre su iniziativa di Confindustria, si diede formalmente avvio ad una nuova fase del confronto sulle tematiche della contrattazione che, peraltro, aveva già mosso, in precedenza, qualche passo. Dunque, dopo una lunga fase negoziale, si è giunti alla formale definizione dell’accordo sui contenuti e gli indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva. Le posizioni espresse da Confindustria, nel negoziato, sono state elaborate con un costante coinvolgimento delle categorie e dei territori, con un approccio “bottom up” e in coerenza con i principi e gli indirizzi strategici elaborati dal Gruppo Tecnico lavoro e relazioni industriali e del Comitato di coordinamento contrattuale di Confindustria. Le ragioni dell’accordo L’accordo si apre esplicitando il perché si è ritenuto necessario giungere alla sua sottoscrizione. Le parti hanno tenuto ad evidenziare che, per favorire i processi di trasformazione nella manifattura e nei servizi innovativi, tecnologici e di supporto all’industria, deve ritenersi necessario un sistema di relazioni industriali più efficace e partecipativo. Di qui l’importanza di definire, al livello interconfederale, linee di indirizzo che garantiscano una governance equilibrata alla contrattazione collettiva e alla bilateralità con l’obiettivo di: -condividere una visione comune dell’economia e della società italiana, -condividere la volontà di essere un punto di riferimento positivo per il Paese, -condividere la necessità di accompagnare la crescita e la competitività delle imprese, in tutte le aree del Paese, con un modello di relazioni sindacali flessibile, attento alle differenti situazioni settoriali e orientato a valorizzare il rapporto fra salari e produttività, in coerenza con l’accordo interconfederale del 14 luglio 2016; -condividere un impegno a progettare insieme un welfare più universale, inclusivo e giusto valorizzando il contributo integrativo che può venire dalle iniziative della contrattazione collettiva, anche di secondo livello; -condividere una progettualità diffusa orientata a mettere al centro la persona e la sua occupabilità, agendo sull’orientamento, l’istruzione, la formazione professionale e continua, valorizzando l’alternanza, i percorsi duali e il ruolo dei fondi interprofessionali; -condividere un impegno comune per rendere più efficiente e dinamico il mercato del lavoro, valorizzando, finalmente, le politiche attive come già condiviso nell’accordo interconfederale del 1 settembre 2016; -condividere la volontà di portare a compimento il progetto intrapreso con il TU del 10 gennaio 2014 per un sistema di relazioni sindacali, autonomo e ordinato, fondato sui principi della rappresentanza e in grado di dare vita a un modello contrattuale non conflittuale, ma partecipativo e utile alla competitività delle imprese. Le parti hanno poi individuato tre obiettivi centrali da perseguire. Tre obiettivi centrali I. Un impegno comune per incrementare la competitività delle imprese nel quadro di una crescita sostenibile. II. Un impegno comune per un mercato del lavoro più dinamico ed equilibrato, mettendo al centro imprese e occupabilità delle persone. III. Un impegno comune per introdurre un nuovo modello contrattuale e di relazioni industriali che rafforzi il collegamento tra produttività del lavoro e retribuzioni, contrastando il dumping contrattuale. Il primo obiettivo dell’intesa è mettere al centro delle relazioni sindacali la questione industriale e, più in particolare, il tema della competitività delle imprese italiane. I processi di trasformazione in atto nella manifattura e nell’economia italiana impongono, infatti, una riflessione, a tutto campo, sui fattori che devono permettere al nostro sistema produttivo di continuare ad essere il motore della crescita e, quindi, attraverso il lavoro, il primo fattore di sviluppo di una società dinamica e inclusiva. L’accordo sottolinea la necessità che le relazioni sindacali operino per colmare rapidamente quel divario che ancora esiste fra quel 20% di imprese che innovano, competono, esportano, crescono e quel 60% che potrebbe ambire a fare altrettanto ma che, ancora, non può dirsi a pieno titolo nel gruppo di quelle imprese che sospingono la crescita del nostro Paese. Il secondo obiettivo dell’intesa è cambiare l’equilibrio del nostro mercato del lavoro. E’ convinzione condivisa tra le parti firmatarie che occorra collaborare alla realizzazione di un sistema di politiche attive, finalmente, all’altezza del nostro Paese. Già l’accordo interconfederale del 1 settembre 2016, recepito nell’ultima legge di bilancio, traccia le linee guida per agevolare le ristrutturazioni aziendali, aiutando le persone a trovare lavoro. Allargando il confronto sugli ambiti territoriali (in particolare il Mezzogiorno) e su diversi temi (welfare, sicurezza sul lavoro, occupazione, giovani, orientamento, istruzione e formazione professionale) si conferma la volontà di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil di incidere su questioni strategiche per lo sviluppo del Paese anche attraverso le relazioni sindacali. Il terzo obiettivo dell’intesa è condividere un nuovo modello contrattuale, ordinato e flessibile, mantenendo i due livelli di contrattazione e favorendo il collegamento fra salari e produttività, come previsto nell’accordo interconfederale del 14 luglio 2016. Impegnandosi ad individuare i perimetri contrattuali e la misura della rappresentanza datoriale, si tende a consolidare l’autonomia e il ruolo delle parti sociali nella definizione delle regole del lavoro, contrastando il dumping fra contratti collettivi, e garantendo il rispetto delle regole della concorrenza. L’accordo, come si diceva, affronta il tema cruciale della democrazia sindacale e della misura della rappresentanza. Democrazia sindacale e misura della rappresentanza L’accordo vuole contrastare la concorrenza sleale causata dai contratti “pirata”, che stabiliscono condizioni di lavoro e retribuzioni del tutto irragionevoli e non eque, e che finiscono per “spiazzare” le imprese regolari. A tal fine l’accordo mira ad introdurre la misurazione della rappresentanza datoriale e a rafforzare i sistemi di rilevazione di quella delle organizzazioni sindacali con l’obiettivo di identificare con chiarezza, per ogni settore, il contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto dalle organizzazioni effettivamente più rappresentative. L’obiettivo strategico è quello di arrivare a identificare con certezza il CCNL di riferimento per ogni ambito contrattuale (cioè il contratto collettivo nazionale di categoria stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali che rappresentano la maggioranza di lavoratori e imprese) in modo che il legislatore sia orientato a riconoscere i benefici previsti dalle leggi (decontribuzione, detassazione, benefici vari e accesso ai pubblici appalti) solo alle imprese che applicano questo CCNL. L’accordo interviene sotto tre diversi profili per garantire l’obiettivo di certificare l’effettiva rappresentatività dei soggetti negoziali: -completare l’attuazione del sistema di misurazione della rappresentanza delle organizzazioni sindacali previsto del Testo Unico sulla Rappresentanza del 2014; -introdurre la misurazione della rappresentanza datoriale avviando un percorso che coinvolga tutte le principali associazioni di rappresentanza dei datori di lavoro per definire le modalità per la misurazione della rappresentanza della parte datoriale; – realizzare una precisa ricognizione dei perimetri dei singoli contratti collettivi nazionali di categoria che valorizzi un’effettiva correlazione tra CCNL applicato e attività di impresa. Al termine di questo percorso, l’accordo prevede che le parti stipulanti, coadiuvate anche dal Cnel, concordino le proposte da rivolgere ai soggetti istituzionali interessati (non escluso il Parlamento) per l’adozione di regole che garantiscano il raggiungimento degli obiettivi suddetti. Principi per regolare assetti e contenuti della contrattazione Sono state definite anche linee di indirizzo generali entro le quali dovrà svolgersi la contrattazione collettiva, ai suoi differenti livelli. L’obiettivo strategico è spostare il focus dei rinnovi contrattuali dai minimi tabellari ai trattamenti economici complessivi. Determinare il valore del TEM consentirà di dare un parametro al legislatore qualora volesse fissare un salario minimo legale. Affidare al TEC il compito di adeguare a ciascun settore la contrattazione collettiva, consentirà di meglio distribuire il peso economico della contrattazione fra i due livelli e di computare nei costi economici dei rinnovi contrattuali, sia il salario che il welfare. Nel dettaglio, le linee di indirizzo confermano, anzitutto, che la contrattazione collettiva si svolgerà su due livelli, il nazionale e l’aziendale, ovvero il territoriale, laddove esistente secondo le prassi in atto. A ciascuno dei due livelli dovranno essere assegnate specifiche caratteristiche e funzioni, evitando improprie sovrapposizioni e, dunque, favorendo il miglior coordinamento possibile. Al contratto nazionale viene confermato il tradizionale ruolo di garante dei trattamenti economici e normativi, comuni a tutti i lavoratori del settore, e di regolatore delle relazioni sindacali di settore. Viene inoltre affermata con forza la necessità di uno stretto legame tra produttività e trattamenti economici, specie a livello aziendale. Per favorire l’affermazione di questo forte legame viene prevista quella che costituisce una principali novità dell’accordo, ossia l’introduzione del trattamento economico complessivo (TEC) e del trattamento economico minimo (TEM). Il contratto collettivo nazionale di categoria individuerà, anzitutto, i minimi tabellari, per il periodo di vigenza contrattuale, intesi quale trattamento economico minimo (TEM). La variazione dei valori del TEM (minimi tabellari) avverrà in funzione degli scostamenti, registrati nel tempo, dell’IPCA (depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati, come calcolato dall’Istat), ma secondo modalità decise dai singoli contratti. I valori del TEM potranno essere modificati in ragione dei processi di trasformazione o di innovazione organizzativa, ossia ove si verifichino profonde modifiche nei sistemi di inquadramento previsti dal ccnl. Il trattamento economico complessivo (TEC) sarà costituito dal trattamento economico minimo (TEM) e da quei trattamenti economici (forme di welfare comprese) che il contratto collettivo nazionale di categoria qualificherà come “comuni a tutti i lavoratori del settore”. Una innovazione di grande rilievo è che sarà il CCNL a decidere a quale livello di contrattazione potranno essere erogati i singoli trattamenti economici che compongono il TEC e a chiarire “il perché e la durata” di quell’erogazione, disciplinando anche gli effetti economici “complessivi” determinati da quanto erogato al primo e al secondo livello di contrattazione collettiva. Ciò significa che una volta determinato il livello del TEC, il ccnl sarà libero di “delegare” anche alla contrattazione aziendale il compito di raggiungere quel livello, secondo modalità che potranno essere decisa da ogni singola impresa. Questo compito sarà facilitato dal fatto che il ccnl dovrà indicare con trasparenza la durata e la causa dei trattamenti economici che compongono il TEC, mettendo in condizione, in tal modo, la contrattazione aziendale, laddove sia previsto, di operare gli “adattamenti” del caso. E sarà sempre cura del ccnl di disciplinare gli eventuali effetti economici che potrebbero derivare dalla sommatoria della contrattazione tra primo e secondo livello. In coerenza con questa impostazione, che mira a valorizzare l’apporto della contrattazione di secondo livello, è stato espressamente previsto che il contratto collettivo nazionale di categoria dovrà incentivare lo sviluppo virtuoso della contrattazione di secondo livello, anche valorizzando i contenuti dell’accordo interconfederale del 14 luglio del 2016. Welfare L’accordo muove dalla premessa che il welfare pubblico rischia di non essere più sostenibile e che il welfare integrativo contrattuale è segnato da forti disomogeneità nei diversi settori. Confindustria e Cgil, Cisl, Uil, hanno pertanto condiviso la necessità di creare, attraverso accordi di livello interconfederale, una migliore governance per il welfare integrativo, in modo che siano elaborate linee di indirizzo e coordinamento delle relative iniziative. In particolare, le parti hanno concordato sulla necessità di: -orientare prioritariamente le scelte del welfare integrativo contrattuale verso la previdenza complementare, l’assistenza sanitaria integrativa, la tutela della non autosufficienza, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; -favorire la crescita dimensionale dei fondi complementari e la diversificazione delle scelte di portafoglio (anche a sostegno dell’economia reale del Paese), con l’obiettivo di far aumentare i livelli di efficienza ed economicità dei fondi e rafforzare, quindi, la previdenza complementare; – avviare un confronto con le Istituzioni per migliorare la fiscalità di vantaggio sugli investimenti, sui rendimenti e sulle prestazioni dei fondi previdenziali e per tutelare da possibili interventi “esterni” alle parti la centralità della contrattazione collettiva nella disciplina della previdenza complementare e, quindi, gli equilibri negoziali che ne scaturiscono. L’obiettivo strategico, dunque, è duplice: definire esattamente i confini fra il welfare pubblico e quello privato, dando maggiore coordinamento alle iniziative dei diversi livelli di contrattazione, e avviare un confronto con le istituzioni per ridefinire le contribuzioni obbligatorie che le imprese versano per il “welfare state”. Infatti, è evidente la necessità sia di adeguare i sistemi di protezione sociale ai mutamenti in atto nell’economia e nell’organizzazione del lavoro, sia di rendere più eque le contribuzioni obbligatorie in ragione delle modifiche già apportate (ad esempio, al sistema degli ammortizzatori sociali). Formazione e competenze Sul tema della formazione Confindustria e Cgil, Cisl, Uil, hanno scelto di valorizzare i percorsi e gli strumenti che coniugano virtuosamente formazione e lavoro, quali l’alternanza scuola-lavoro, l’apprendistato, gli Istituti Tecnici Superiori e la formazione continua. L’obiettivo strategico è duplice: mettere al centro la formazione e l’occupabilità delle persone e condividere principi, indirizzi e iniziative comuni per dare alla scuola e al mondo della formazione professionale una interlocuzione unica e omogenea, migliorando così, la relazione con il mondo delle imprese e del lavoro. A tal fine si è concordato che vanno incoraggiati percorsi formativi che, anche rafforzando anche l’orientamento scolastico, prendano le mosse dall’alternanza per evolvere nelle forme di apprendistato che collegano studio e lavoro (la “filiera” formativa). Con riguardo alla formazione continua, le parti chiedono al Governo di avviare un grande piano di formazione, incentivato fiscalmente e realizzato anche attraverso i fondi interprofessionali, destinando risorse sempre più rilevanti alla formazione inerente “Impresa 4.0”. Le parti concordano anche sulla richiesta di semplificare la regolazione dei fondi interprofessionali, anche per facilitare il loro apporto nei processi di riqualificazione professionale conseguenti alle crisi aziendali in coerenza con quanto prevede l’Accordo del 1 settembre 2016. Sicurezza sul lavoro Sul tema della sicurezza l’obiettivo strategico è quello di superare le contrapposizioni che ancora caratterizzano la relazione con le organizzazioni sindacali. Le ingenti risorse che le imprese versano all’INAIL per l’assicurazione obbligatoria possono e debbono essere utilizzate per favorire questo processo che si alimenta con la cultura della prevenzione. Occorre, dunque, una maggiore diffusione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro. Confindustria e Cgil, Cisl, Uil hanno pertanto espresso la volontà di riprendere il confronto per completare l’attuazione del Testo Unico sulla salute e la sicurezza. A tal fine le parti intendono valorizzare le sinergie con l’INAIL con riferimento alle attività di prevenzione, ricerca e formazione portate avanti dall’istituto; Le parti, inoltre, vogliono valutare approfonditamente la sostenibilità economica e finanziaria dell’Istituto a seguito della revisione del sistema tariffario. Mercato del lavoro Sul tema del mercato del lavoro l’obiettivo strategico è quello di cambiarne l’equilibrio, favorendo in particolare l’occupazione giovanile. A tal fine le parti hanno concordato sulla necessità di collaborare alla realizzazione di un sistema di politiche attive all’altezza del nostro Paese, dando, in primo luogo, piena attuazione all’accordo interconfederale del 1 settembre 2016, recepito nell’ultima legge di bilancio, che agevola le ristrutturazioni aziendali, aiutando le persone a trovare lavoro. Occorre inoltre proseguire negli sforzi per creare un mercato del lavoro più dinamico, che favorisca un efficace incontro tra domanda e offerta di lavoro e percorsi formativi di qualità per il reinserimento lavorativo. Per contrastare gli effetti negativi che potrebbero derivare dalla non piena coincidenza tra i tempi di attuazione delle riforme delle politiche passive e quelle delle politiche attive, le parti hanno concordato sulla necessità di potenziare i soggetti, sia pubblici che privati, che si occupano di matching tra domanda e offerta di lavoro e gli strumenti (come l’assegno di ricollocazione) utili a tutelare e riqualificare la forza lavoro nelle situazioni di crisi. Partecipazione La volontà comune espressa nell’accordo è quella di favorire un più ampio ricorso alla contrattazione di secondo livello quale presupposto per incentivare la diffusione di forme di partecipazione organizzativa. L’obiettivo strategico è quello di investire sulla partecipazione organizzativa che rappresenta non solo l’ambito in cui tradizionalmente la relazioni sindacali del nostro paese si sono esercitate ma, anche, il terreno sul quale si può meglio realizzare la condivisione degli obiettivi aziendali da parte dei lavoratori. Si tratta, peraltro, di un ambito che il legislatore ha inteso incentivare fiscalmente e sul quale, pertanto occorrerà lavorare per un sempre più ampio riconoscimento verso le imprese impegnate in questo percorso. Si riporta nuovamente in allegato il testo dell’intesa.

Allegato

Patto+della+fabbrica+firmato




Premi di risultato e welfare aziendale: circolare dell’Agenzia delle Entrate n.5/E

L’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 5/E del 29 marzo 2018, riportata in allegato, redatta d’intesa con il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, fornisce importanti chiarimenti in merito alle ultime novità normative ed ai dubbi interpretativi, rinviando per il resto a quanto già illustrato con la circolare n.28/E del 2016.

Circolare+_5_29032018 




Piano regionale della Prevenzione 2014-2018: visite ispettive ASL Piano regionale della Prevenzione 2014-2018: visite ispettive ASL 

Il Piano nazionale della Prevenzione (PNP) affronta le tematiche relative alla promozione della salute e alla prevenzione delle malattie prevedendo che ogni Regione predisponga e approvi un proprio Piano regionale della prevenzione (PRP).

Nell’ultimo decennio si sono susseguiti 3 piani: il PNP 2005-2009, il PNP 2010-2013 e il PNP 2014-2018.
Nell’ambito del Piano Regionale della Prevenzione della Regione Campania per gli anni 2014 — 2018, che include tra l’altro tra i suoi macro obiettivi anche la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, risultano in fase di svolgimento una serie di visite ispettive da parte dell’ASL.




AGEVOLAZIONI: Voucher per la digitalizzazione e ammodernamento tecnologico delle Micro e PMI – richiesta di erogazione del contributo a partire dal 14 settembre 2018

In riferimento alle nostre precedenti news sullo strumento in oggetto, informiamo che è stato pubblicato il decreto direttoriale che fissa al prossimo 14 settembre la data a partire dalla quale le imprese iscritte nel provvedimento cumulativo di prenotazione, potranno presentare le richieste di erogazione del contributo.

Allegato

decreto_direttoriale_29_marzo_2018_voucher_digit




Progetto Centro di Competenza – Avviso pubblico rivolto alle imprese del territorio

Si comunica che è stato pubblicato l’Avviso di evidenza pubblica, a cura della Università Federico II, quale Capofila delle Università della Campania e della Puglia e delle rispettive Regioni, per la selezione di partner privati per la costituzione del Centro di Competenza ad Alta Specializzazione nelle tecnologie “Industria 4.0” nella forma del Partenariato Pubblico-Privato (Bando MISE emanato con Decreto del 29.1.2018).

A tal riguardo, il prossimo mercoledì 4 aprile – alle ore 16.00 – Confindustria Campania organizza presso la sede dell’Unione Industriali Napoli un incontro di presentazione del Progetto di Centro di Competenza e dei contenuti dell’Avviso pubblico rivolto alle imprese del territorio.

All’incontro interverranno: per la Federico II, il Rettore Gaetano Manfredi ed il Presidente della Scuola Politecnica e delle Scienze di Base Piero Salatino;  per la Regione Campania, l’Assessore alle Attività Produttive Amedeo Lepore e l’Assessore all’Internazionalizzazione Start up e Innovazione Valeria Fascione.

 




PRIVACY: Data protection officer – Pubblicate le FAQ sul DPO in ambito privat

Ricordiamo che, in data 26 marzo, sul sito istituzionale del Garante privacy sono state pubblicate le FAQ sul DPO in ambito privato (v. allegato 1).

Le FAQ fanno seguito al documento “Data Protection Officer (DPO): alcuni dubbi del mondo imprenditoriale” (v. allegato 2) che Confindustria ha inviato agli Uffici dell’Autorità lo scorso mese di dicembre e contengono alcuni chiarimenti in merito alle questioni in esso sollevate.

Di seguito, i punti di maggior interesse affrontati dall’Autorità:

  • requisiti del DPO (v. FAQ n. 2): ribadita la necessità che il DPO sia in possesso di una conoscenza approfondita della disciplina privacy e delle norme e delle procedure amministrative che caratterizzano il settore in cui opera il titolare ovvero il responsabile del trattamento. A tal fine, le FAQ specificano – in linea con quanto già affermato dal WP29 e dalla stessa Autorità – che non sono richieste specifiche attestazioni formali o l’iscrizione in appositi albi;
  • nomina obbligatoria (v. FAQ n. 3): le FAQ richiamano le condizioni prescritte dal GDPR (soggetti la cui attività core consiste in trattamenti che richiedono il monitoraggio regolare e sistematico degli interessati su larga scala o in trattamenti su larga scala di dati “sensibili” e giudiziari). Sul punto, le FAQ riportano un elenco esemplificativo e non esaustivo di soggetti che, ove ricorrano le citate condizioni, sono tenuti alla nomina del DPO: istituti di credito; imprese assicurative; sistemi di informazione creditizia; società finanziarie; società di informazioni commerciali; società di revisione contabile; società di recupero crediti; istituti di vigilanza; partiti e movimenti politici; sindacati; caf e patronati; società operanti nel settore delle “utilities” (telecomunicazioni, distribuzione di energia elettrica o gas); imprese di somministrazione di lavoro e ricerca del personale; società operanti nel settore della cura della salute, della prevenzione/diagnostica sanitaria quali ospedali privati, terme, laboratori di analisi mediche e centri di riabilitazione; società di call center; società che forniscono servizi informatici; società che erogano servizi televisivi a pagamento;
  • nomina non necessaria (v. FAQ n. 4): le FAQ indicano una serie di casi in cui la nomina del DPO, benché raccomandata, non è necessaria: in relazione a trattamenti effettuati da liberi professionisti operanti in forma individuale; agenti, rappresentanti e mediatori operanti non su larga scala; imprese individuali o familiari; piccole e medie imprese, con riferimento ai trattamenti dei dati personali connessi alla gestione corrente dei rapporti con fornitori e dipendenti;
  • DPO interno (v. FAQ n. 6 e 7): le FAQ ribadiscono come il ruolo di DPO possa essere ricoperto da un dipendente del titolare o del responsabile del trattamento (non in conflitto di interessi) che conosca la realtà operativa in cui avvengono i trattamenti. Il DPO scelto all’interno deve essere nominato mediante uno specifico atto di designazione, avente forma scritta e in cui siano indicarti espressamente i compiti attribuiti, le risorse assegnate per il loro svolgimento, nonché ogni altra utile informazione in rapporto al contesto di riferimento. Quanto all’assenza di conflitto di interessi, le FAQ suggeriscono di evitare di assegnare il ruolo di DPO a soggetti con incarichi di alta direzione (amministratore delegato; membro del consiglio di amministrazione; direttore generale; ecc.), ovvero nell’ambito di strutture aventi potere decisionale in ordine alle finalità e alle modalità del trattamento (direzione risorse umane, direzione marketing, direzione finanziaria, responsabile IT ecc.). Da valutare, in assenza di conflitti di interesse e in base al contesto di riferimento, l’eventuale assegnazione di tale incarico ai responsabili delle funzioni di staff (ad esempio, il responsabile della funzione legale);
  • DPO monocratico o collegiale (v. FAQ n. 8): in caso di DPO interno, questo può essere un “dipendente”. Tuttavia, nelle realtà organizzative di medie e grandi dimensioni, il DPO, da individuarsi comunque in una persona fisica, può essere supportato da un apposito ufficio dotato delle competenze necessarie ai fini dell’assolvimento dei propri compiti. In caso di DPO esterno, questo può essere anche una persona giuridica. Tuttavia, le FAQ raccomandano di procedere a una chiara ripartizione di competenze, individuando una sola persona fisica atta a fungere da punto di contatto con gli interessati e l’Autorità di controllo.

Infine, contestualmente alle FAQ è stato pubblicato il modello per la comunicazione al Garante privacy dei dati del DPO (v. allegato 3) .

Allegati

Modello comunicazione al Garante dei dati DPO

FAQ sul DPO in ambito privato

DPO – alcuni dubbi del mondo imprenditoriale – Dicembre 2017




AMBIENTE: Mud 2018: indicazioni per la compilazione

In riferimento alla presentazione del modello unico di dichiarazione ambientale (MUD), segnaliamo che la comunicazione deve essere effettuata utilizzando quella allegata al DPCM del 28 dicembre 2017, pubblicato nel Supplemento ordinario n. 64 alla Gazzetta ufficiale – serie generale – n. 303 del 30 dicembre 2017, che sostituisce il modello e le istruzioni precedentemente utilizzate e allegate al DPCM 17 dicembre 2014.

Con riferimento alla scadenza per presentare tale dichiarazione, la legge istitutiva del MUD (Legge 25 gennaio 1994, n. 70), fissa al 30 aprile il termine ultimo.

 Informiamo, infine, che per le aziende associate a Confindustria Salerno è disponibile, su richiesta, una nota elaborata dagli uffici di Confindustria che fornisce indicazioni utili alla compilazione, nella quale sono evidenziate in grassetto le novità rispetto alla guida dello scorso anno.