PATENT BOX: tassazione agevolata sui redditi derivanti dalle opere di ingegno. Ulteriori chiarimenti dell’Agenzia delle entrate (Circolare 11/E del 7 aprile 2016)
In riferimento alle nostre precedenti news sull’agevolazione fiscale per i redditi derivanti dall’utilizzo di beni immateriali (brevetti, know how, marchi, modelli, disegni industriali e software coperti da copyright, processi, formule e informazioni acquisite), ricordiamo che, con la Circolare 11/E del 6 aprile 2016, l’Agenzia delle Entrate ha reso importanti chiarimenti in merito alla disciplina del Patent Box.
Nelle more della redazione della circolare allegata, Confindustria ha avuto modo di rappresentare all’Agenzia delle Entrate e al MiSE alcune criticità sull’ambito e sulle modalità applicative dell’agevolazione, molte delle quali hanno trovato soluzione nel documento di prassi, il cui contenuto è, qui di seguito, schematizzato:
1. AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA MISURA
Con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione della norma, l’Agenzia, attenendosi al dato normativo, ricorda che la misura è generale e può riguardare tutti i soggetti, titolari di reddito di impresa, residenti nel territorio dello Stato, nonché le stabili organizzazioni di soggetti residenti in Paesi con cui l’Italia ha in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e con i quali lo scambio di informazioni sia effettivo.
La circolare ricorda, inoltre, che sono escluse dal beneficio del Patent box le imprese assoggettate a procedure di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi; con riferimento alle ipotesi di amministrazione straordinaria, la circolare chiarisce che l’agevolazione può essere fruita nei casi in cui la procedura sia finalizzata alla prosecuzione dell’attività economica.
Non rientrano, inoltre, nel novero dei destinatari della misura, i soggetti che determinano il reddito con metodologie diverse da quella analitica.
Per quanto concerne l’ambito oggettivo di applicazione dell’agevolazione, riteniamo utile richiamare, in particolare, le precisazioni rese dall’Agenzia delle Entrate, con riferimento al software coperto da copyright e al know-how.
In merito al software protetto da copyright, l’agevolabiltà non richiede alcuna registrazione, in quanto si tratta di una tipologia di bene immateriale cui l’ordinamento accorda tutela dal momento della creazione, purché sia originale quale risultato di creazione intellettuale dell’autore.
L’Agenzia integra la previsione normativa, precisando che per questa categoria di beni il contribuente dovrà fornire una prova a mezzo di una dichiarazione sostitutiva, ai sensi del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, da trasmettere all’Agenzia delle Entrate, che attesti la titolarità dei diritti esclusivi sul software, a titolo originario o derivativo e la sussistenza dei requisiti di originalità e creatività .
Quanto al know-how, l’Agenzia precisa che per la definizione delle “informazioni aziendali ed esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali o scientifiche proteggibili come informazioni segrete, giuridicamente tutelabili”, occorre far riferimento all’ambito di protezione delle informazioni aziendali riservate, come previsto dall’articolo 39 del TRIPs Agreement (Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights) ratificato dall’Italia con la legge 29 dicembre 1994, n. 747, che nell’ordinamento nazionale italiano attribuisce in capo al legittimo detentore un diritto di proprietà industriale, disciplinato agli articoli 98 e 99 del Codice della Proprietà Industriale (decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, “cpi”).
Anche per questa tipologia di bene immateriale, il contribuente sarà tenuto a fornire una dichiarazione sostitutiva, ai sensi del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445 che attesti la legittima detenzione delle informazioni riservate in capo al richiedente, avendole lo stesso acquisite a titolo originario o derivativo e che contenga i seguenti elementi:
1) la descrizione delle informazioni o esperienze in modo sufficiente per la loro individuazione, e il riferimento alle eventuali relative fonti documentali interne ed esterne all’azienda utili a tale individuazione;
2) l’attestazione che tali informazioni o esperienze non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti (indicando la materia) ed agli operatori del settore (indicando il settore), con l’indicazione delle ragioni giustificative di tale conclusione;
3) l’attestazione che il possesso di tali informazioni o esperienze in regime di segreto presenta valore economico, con l’indicazione delle ragioni giustificative di tale affermazione;
4) l’attestazione dell’adozione di misure concretamente idonee a garantire l’effettiva riservatezza delle informazioni, con la descrizione delle misure di secretazione adottate
L’Agenzia precisa, inoltre, che sono escluse dall’agevolazione le liste clienti e fornitori (e in generale, le liste di nominativi che contengono informazioni aggregate ed utilizzabili dalle imprese in chiave di direct marketing).
2. MODALITA’ DI ACCESSO AL REGIME – L’OPZIONE
Avendo riguardo all’accesso al regime Patent box, l’Agenzia ricorda le modalità di esercizio e comunicazione dell’opzione, soffermandosi, in particolare, sulle ipotesi di inclusione nel regime di nuovi beni immateriali, a seguito di una prima opzione: in questi casi, qualora l’impresa intenda agevolare un nuovo bene immateriale, dovrà esercitare una nuova opzione che avrà durata quinquennale e, pertanto, scadenza successiva al termine di efficacia della prima opzione esercitata; tuttavia, laddove il nuovo bene immateriale, incluso nel “box” presenti vincoli di complementarietà con un bene immateriale già agevolato e l’impresa intenda considerare i beni come un unicum, valorizzandone la complementarietà, la nuova opzione avrà durata coincidente con la durata residua della precedente (in tale ultimo caso, peraltro, il contribuente dovrà procedere ad alcuni specifici adempimenti, al fine di consentire il coordinamento tra le due opzioni).
3. LE ISTANZE DI RULING
L’Agenzia dettagli le modalità di presentazione delle istanze di ruling, richiamando, a tale fine, i contenuti del Provvedimento direttoriale del 1 dicembre 2015, n. 154278 e del Provvedimento direttoriale del 23 marzo 2016, n. 43572 (che ha prorogato di 30 gg., con riguardo alle istanze di presentate dal 1 dicembre 2015 e al 31 marzo 2016, il termine per la presentazione della documentazione integrativa).
In merito alle modalità di fruizione dell’agevolazione, a seguito dell’attivazione di un ruling, la circolare distingue i casi di in cui la presentazione dell’istanza sia obbligatoria o facoltativa, fornendo una serie di utili esemplificazioni.
Opportunamente la circolare chiarisce che, nei casi di ruling obbligatorio, la mancata presentazione o integrazione della documentazione entro il termine previsto all’articolo 6 del Provvedimento del 1 dicembre 2015 determina la decadenza dell’istanza e, conseguentemente, la mancata efficacia dell’opzione effettuata; qualora l’istanza di ruling venga nuovamente presentata e correttamente integrata, l’opzione diviene efficace – ed il quinquennio inizia a decorrere – dall’anno di presentazione della nuova istanza.
Passando in rassegna la possibile casistica, l’Agenzia si sofferma, poi, sui casi di passaggio da ruling obbligatorio a ruling facoltativo (e viceversa): il caso è quello di un bene immateriale utilizzato direttamente dal soggetto beneficiario dell’agevolazione, che viene conferito o scisso – dopo l’esercizio dell’opzione e la presentazione del ruling obbligatorio – a favore di una società del medesimo gruppo societario, la quale concede in uso il bene allo stesso dante causa o ad altra società del gruppo, rendendo, così, la presentazione dell’istanza facoltativa. O ancora, il caso di una società che incorpora una società appartenente al medesimo gruppo societario, alla quale aveva concesso in uso il proprio bene immateriale per il quale aveva esercitato l’opzione per il regime in commento. In tale ipotesi, il soggetto beneficiario del Patent Box, per le annualità in cui il ruling è facoltativo (vale a dire prima della fusione), ha la possibilità di determinare autonomamente il reddito agevolabile oppure di presentare istanza di ruling (in tale secondo caso, deve attendere la sottoscrizione dell’accordo).
4. DETERMINAZIONE DEL REDDITO AGEVOLABILE
Ampio spazio è dedicato alle modalità di determinazione del reddito agevolabile nei casi di utilizzo diretto e indiretto.
In caso di utilizzo diretto, il contributo economico consiste nella quota di reddito (o perdita) di impresa ascrivibile al bene o ai beni immateriali, incorporata nel reddito complessivo (o nella perdita complessiva) derivante dall’attività d’impresa, che il soggetto beneficiario non avrebbe realizzato in assenza del bene immateriale stesso. Il contributo economico deve essere determinato assumendo l’esistenza di un ramo d’azienda autonomo deputato alla concessione in uso dei beni immateriali allo stesso contribuente, isolando, quindi, le componenti positive (componenti positive implicite) e negative di reddito ascrivibili allo sfruttamento del bene intangibile.
Nella determinazione del contributo economico – precisa l’Agenzia – occorre fare riferimento ai dati contabili, così come rilevati nei conti economici predisposti ai fini del bilancio di esercizio redatto in base ai principi contabili di riferimento, tenendo comunque presente le eventuali successive variazioni, in aumento o in diminuzione, effettuate ai fini fiscali, in particolare ai fini IRES. Nei casi in cui dovesse risultare più appropriato, è possibile fare riferimento, nella determinazione del contributo economico, ai dati contabili così come rilevati nella contabilità analitica o industriale, purché il contribuente sia in grado di riconciliare i dati complessivamente riscontrabili in tale contabilità con i dati complessivamente indicati ai fini civilistici, e di fornire anche una riconciliazione con eventuali successive variazioni, in aumento o in diminuzione, effettuate ai fini IRES.
Il reddito agevolabile derivante dalla concessione in uso del bene immateriale (utilizzo indiretto) è determinato dai relativi canoni diminuito dei costi, diretti ed indiretti, fiscalmente riconosciuti ad essi connessi di competenza del periodo d’imposta.
Nella determinazione dei metodi e dei criteri di calcolo del contributo economico al reddito di impresa derivante dall’utilizzo diretto dei beni immateriali agevolabili, si deve fare riferimento agli “standard internazionali rilevanti elaborati dall’OCSE con particolare riferimento alle linee guida in materia di prezzi di trasferimento”. La Circolare di Agenzia ribadisce questo richiamo ai metodi di transfer pricing e, come anticipato, individua come metodi da preferire fini della determinazione del reddito attribuibile al bene immateriale nell’ambito del regime di Patent Box, il metodo del confronto del prezzo (CUP) e il metodo della ripartizione dei profitti (Profit Split Methods).
È possibile anche far ricorso a metodi diversi, ma occorre motivare in dettaglio le ragioni per le quali i metodi del CUP e del Residual Profit Split sono stati considerati meno appropriati o non praticabili nelle circostanze di specie, e le ragioni per le quali si è ritenuto che il metodo selezionato rappresenti una soluzione più appropriata.
Inoltre, la circolare utilmente aggiunge che per i casi di difficile trattazione, dove l’utilizzo di un unico metodo non consente di determinare con certezza il contributo economico, è opportuno e consigliabile ricorrere all’utilizzo di più metodi congiuntamente, al fine di raggiungere un risultato più affidabile e conforme al principio di libera concorrenza.
5. DETERMINAZIONE DEI COSTI
In merito alla determinazione dei costi diretti ed indiretti, l’Agenzia precisa che per costi diretti si intendono tutti i costi imputabili in maniera certa ed univoca al “costo di produzione” del singolo bene immateriale; sono, invece, “indiretti” quei costi imputabili al bene secondo criteri di comunanza ovvero indirettamente mediante un processo di ripartizione (si tratta di quei costi che risultano comuni a più beni immateriali quali i costi di tipo amministrativo, utilizzo di attrezzature o macchinari condiviso da altre commesse, le spese relative agli immobili, ecc.).
Per individuare tali costi si ritiene necessario far scaturire gli stessi da una ripartizione che faccia riferimento alle cause da cui originano. Generalmente, le metodologie di ripartizione più adoperate nella prassi fanno riferimento alle ordinarie modalità di allocazione e ripartizione dei costi impiegate nelle tecniche di contabilità industriale (ad esempio basate sul costo, sul capitale impiegato, sul fatturato, sull’organico, ecc.).
Resta fermo che, in termini quantitativi, i costi rilevanti ai fini della determinazione del reddito agevolabile di un determinato periodo d’imposta sono pari a quelli fiscalmente deducibili nel medesimo periodo d’imposta in base alle disposizioni del TUIR. In altri termini, in sede di determinazione del reddito agevolabile, una volta identificati i costi diretti e indiretti riferibili all’IP, sarà necessario valutarne la rilevanza fiscale (in termini, ad esempio, di inerenza e di quantificazione), in base alle ordinarie disposizioni del TUIR.
In merito ai criteri di individuazione dei costi rilevanti per il nexus ratio, l’Agenzia puntualizza, in conformità ai principi OCSE, che i costi da prendere in considerazione ai fini della costruzione del rapporto sono quelli sostenuti nel periodo di riferimento, senza tener conto del trattamento ai fini contabili e fiscali. Non rilevano i criteri di contabilizzazione adottati dall’impresa (ad esempio, scelta di capitalizzare o meno il costo), dovendo considerare il costo e spesa per l’intero importo nel momento del suo sostenimento come individuato in base all’articolo 109, TUIR.
Sempre con riferimento al calcolo del nexus ratio , l’Agenzia, in uno dei quesiti che corredano la circolare, precisa che (in coerenza con i principi OCSE) i costi di ricerca possano essere espunti dal calcolo del ratio laddove in seguito la ricerca fallisca; in tale ipotesi, dal periodo d’imposta in cui si palesa il “fallimento” della ricerca, il rapporto dovrà essere opportunamente rettificato escludendo i costi relativi alla ricerca fallita dal numeratore e/o dal denominatore del rapporto (a seconda che trattasi di costi “qualificati” o meno).
Sempre rispondendo ad uno dei quesiti che corredano il documento di prassi, l’Agenzia puntualizza che i costi da prendere in considerazione ai fini della determinazione del reddito agevolabile possono essere diversi da quelli che concorrono alla formazione del nexus ratio.
Nel dettaglio, ai fini della determinazione del reddito agevolabile occorre:
– nel caso di utilizzo indiretto, considerare tutti i costi diretti ed indiretti connessi a tale reddito;
– nel caso di utilizzo diretto, assumere l’esistenza di un autonomo ramo d’azienda deputato alla concessione in uso dei beni immateriali allo stesso contribuente; in applicazione di tale logica, occorre prendere in considerazione tutti i costi che direttamente o indirettamente hanno generato il reddito agevolabile, ivi compresi gli oneri finanziari ed i costi relativi agli immobili per la quota imputabile alla formazione del reddito.
I costi che concorrono alla formazione del nexus ratio sono, invece, solo quelli afferenti alle attività di ricerca e sviluppo indicate nell’articolo 8 del D.M. 30 luglio 2015 (con esclusione di interessi passivi, spese relative agli immobili, costi che non possono essere direttamente collegati a uno specifico bene immateriale).
Pertanto, i costi indiretti sono espressamente esclusi dal nexus ratio, mentre sono rilevanti nella determinazione del reddito agevolabile.
6. TRACKING AND TRACING – tracciatura analitica dei costi
L’Agenzia scioglie, inoltre, alcuni nodi in merito alla tracciatura dei costi: in particolare, precisa che nell’individuazione dei costi rilevanti ai fini del nexus ratio, occorre, anche nel periodo transitorio (tre periodi di imposta) separare i costi relativi ai redditi agevolabili da quelli relativi a beni non agevolabili (in quanto non inclusi dall’art. 6 del D.M. 30 luglio 2015 nell’ambito di applicazione della misura).
Tuttavia, l’Agenzia ha cura di aggiungere che nei casi in cui non sia possibile isolare i soli beni rilevanti ai fini dell’agevolazione dal novero dei costi, è possibile, ma solo per il triennio 2015-2017, considerare in maniera aggregata anche costi relativi di beni immateriali che non rientrano nell’ambito oggettivo di applicazione dell’agevolazione.
In merito all’attività di tracking and tracing, l’Agenzia precisa, inoltre, che i soggetti che fanno ingresso al regime agevolato a decorrere dal 2016, sono tenuti all’adozione della tracciatura analitica dei costi già a partire dal 2015, indipendentemente dall’anno di esercizio dell’opzione.
7. OPERAZIONI STRAORDINARIE
Un ampio capitolo della circolare 11/E/2016 è dedicato al tema delle operazioni straordinarie: valga, in primo luogo, il richiamo, fatto dalla stessa circolare, all’art. 5 del D.M. 30 luglio 2015 il quale dispone che: “in caso di operazioni di fusione, scissione e conferimento di azienda, il soggetto avente causa subentra nell’esercizio dell’opzione effettuato dal dante causa, anche in relazione al sostenimento dei costi di cui all’articolo 9”.
Ne consegue che, sulla base di un principio di “neutralità”, il trasferimento di un bene immateriale a seguito di una delle citate operazioni non costituisce operazione di “acquisto” e comporta il diritto dell’avente causa a subentrare – quanto a natura e anzianità – nei costi degli intangibles rilevanti ai fini del nexus ratio (sia al numeratore, che al denominatore).
Nel disciplinare la materia, però, è necessario un coordinamento tra la norma interna e il par. 52 dell’Action 5 BEPS a mente della quale gli Stati che hanno adottato regimi di patent box devono applicare misure idonee ad evitare che operazioni di acquisto di un bene intangibile siano dissimulate ricorrendo alla acquisizione a qualsiasi titolo (anche attraverso, ad esempio, operazioni straordinarie) della entità che possiede il bene stesso.
Per coordinare le due indicazioni, la circolare interpreta l’art. 5 del D.M. citato limitandone, a regime, il perimetro applicativo alle operazioni straordinarie di fusione scissione o conferimento che abbiano per oggetto aziende e non singoli beni.
Fino alla data del 30 giugno 2016, tuttavia, le operazioni di fusione, scissione e conferimento sono effettuate in regime di neutralità anche nel caso in cui abbiano ad oggetto il trasferimento indiretto di singoli beni immateriali: (purché, in tale ultimo caso, si sia trattato di riorganizzazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo, a decorrere al 31 dicembre 2014).
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