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LAVORO | Tutela dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche – Legge n. 106 del 18 luglio 2025

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 171 del 25 luglio 2025 è stata pubblicata la Legge n. 106 del 18 luglio 2025 recante disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro ed i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche.

In particolare dal 9 agosto 2025 per tutti i lavoratori pubblici e privati affetti da malattie oncologiche, invalidanti, croniche o rare in possesso di una percentuale di invalidità riconosciuta superiore al 74% la Legge prevede in via aggiuntiva rispetto ai permessi e congedi già spettanti in base alla legislazione o ai contratti collettivi nazionali di lavoro le seguenti tutele.

 1) Conservazione del posto di lavoro

La Legge prevede un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a 24 mesi.

Durante il periodo di congedo il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa.

La fruizione del congedo decorre dall’ esaurimento di altri periodi di assenza giustificata, con o senza retribuzione, spettanti al dipendente a qualsiasi titolo.

Il periodo di congedo non è computato nell’anzianità di servizio né ai fini previdenziali, ma è possibile riscattare il periodo di congedo mediante versamento dei relativi contributi.

Sono comunque fatte salve le previsioni più favorevoli della contrattazione collettiva o della disciplina applicabile al rapporto di lavoro.

Decorso il periodo di congedo il lavoratore dipendente, per lo svolgimento della propria attività lavorativa, ha diritto ad accedere prioritariamente, ove la prestazione lavorativa lo consenta, alla modalità di lavoro agile ai sensi del capo II della Legge n. 81/2017.

 

2) Permessi di lavoro per visite, esami strumentali e cure mediche

Dal 1° gennaio 2026 vengono riconosciute 10 ore annue di permesso, coperti da indennità economica e copertura previdenziale figurativa, per lo svolgimento di visite, esami strumentali analisi chimico-cliniche e microbiologiche o di cure mediche frequenti.

Nel settore privato l’indennità è direttamente corrisposta dai datori di lavoro e successivamente dagli stessi recuperata tramite conguaglio con i contributi dovuti all’ente previdenziale.

Per un maggiore approfondimento si trasmette in allegato il testo della Legge n. 106 del 18 luglio 2025, estratto dalla Gazzetta Ufficiale.

All.to

Legge n. 106 del 18.07.2025 (GU n. 171 del 25.07.2025)

RELAZIONI INDUSTRIALI: 

Giuseppe Baselice  089200829  [email protected]

Francesco Cotini  089200815  [email protected]




INTERNAZIONALIZZAZIONE | UCRAINA: V° edizione Rebuild Ukraine | 13-14 novembre 2025, Varsavia. ADESIONI entro 8 agosto pv

Segnaliamo che l’Agenzia ICE organizza una presenza collettiva presso la Fiera Rebuild Ukraine – On the Road to the URC 2026 che si svolgerà a Varsavia (EXPO XXI, Ui. Pradzynskiego 12/14, 01-222 Warsaw, Poland) i prossimi 13-14 novembre 2025.

 

L’iniziativa si struttura su una fiera e una conferenza internazionale, rappresentando una piattaforma per progetti, tecnologie, attrezzature e investimenti relativi alla ripresa e ricostruzione dell’Ucraina.

 

Settori focus saranno della prossima edizione saranno: Infrastrutture; Industria; Energia; Edilizia Abitativa.

 

Per una visione più approfondita della Fiera e della Conferenza si rimanda al sito ufficiale: https://rebuildukraine.in.ua/en

 

Presenza collettiva italiana.

 

  • L’Agenzia ICE organizzerà un padiglione italiano (circa 200 mq) presso il quale saranno ospitati un massimo di 25 espositori;

 

 

  • Dato il numero limitato di posti disponibili, l’accettazione delle domande e l’assegnazione degli spazi avverranno in ordine cronologico di arrivo delle domande. L’ammissione sarà comunicata entro il 12 settembre;

 

  • La partecipazione è gratuita, restano a carico dei partecipanti le spese di viaggio e alloggio del proprio personale in fiera e le spese relative al trasporto dei propri materiali promozionali;

 

  • Sarà inoltre agevolata la partecipazione alle conferenze organizzate in seno a Rebuild Ukraine.

 

Circolare informativa




LAVORO | Sentenze Corte Costituzionale Luglio 2025 in materia di licenziamenti illegittimi e congedo di paternità

Riportiamo di seguito una nota informativa, redatta dal nostro Sistema centrale, sulle recenti sentenze della Corte costituzionale in materia di licenziamenti illegittimi e congedo di paternità

  • Premessa

La Corte Costituzionale è nuovamente intervenuta sulla materia dei licenziamenti illegittimi, con due recenti pronunce, e sulla disciplina del congedo obbligatorio di paternità.

 

  • Sentenza n. 118 del 2025 sul licenziamento illegittimo di lavoratori alle dipendenze di datori di lavoro che occupano fino a 15 dipendenti

Con la sentenza n. 118 del 2025 la Corte Costituzionale ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell’art. 9, 1° comma, del D. Lgs. 23/2015 (c.d. Jobs Act)[1] recante la disciplina dei licenziamenti illegittimi per le imprese che occupano fino a 15 dipendenti.

La Consulta ha dichiarato la norma incostituzionale nella sola parte in cui prevede un limite massimo di 6 mensilità all’indennità riconoscibile per i casi di licenziamento illegittimo dei lavoratori di imprese che occupano fino a 15 dipendenti.  Ciò in quanto, secondo la Corte, tale impianto darebbe luogo a una tutela monetaria incompatibile con la necessaria “personalizzazione del danno subito dal lavoratore […] al pari di una liquidazione legale forfetizzata e standardizzata”.

È stata invece rigettata la questione di legittimità per la parte in cui la norma dispone, per le imprese di queste dimensioni, il dimezzamento degli importi massimi dell’indennità per licenziamento illegittimo previsti per le imprese con più di 15 dipendenti.

Ne consegue che il limite massimo di indennità nel caso di licenziamento illegittimo, per questa tipologia di imprese e per gli assunti dopo il 7 marzo 2015, può arrivare fino a 18 mensilità (cfr. sotto).

Confindustria prende atto di tale pronuncia e degli effetti che ne discendono per le imprese di minori dimensioni, ma è opportuno sottolineare come, anche in questo caso, la Corte abbia nuovamente sollecitato, con urgenza, il legislatore ad intervenire sulla disciplina in materia di licenziamenti.

In varie pronunce, infatti, la Corte Costituzionale ha evidenziato la necessità che il legislatore individui dei criteri, ulteriori rispetto a quello dimensionale, sulla base dei quali i giudici devono orientarsi per determinare l’importo dell’indennità dovuta, in base alle specificità del singolo caso concreto di licenziamento illegittimo.

Pertanto, un intervento legislativo risulta tanto più necessario proprio alla luce delle diverse sentenze della Corte Costituzionale da cui deriva un impianto in base al quale c’è un delta molto rilevante tra i limiti minimi ed i massimi fissati dalla legge e nel quale il giudice non ha a sua disposizione elementi certi di determinazione forniti dalla legge, se non un esercizio ponderato della sua discrezionalità.

Ne deriva che è inevitabile che l’uso della discrezionalità da parte dei giudici finisca per produrre esiti che possono non essere pienamente omogenei.

 

Alla luce della sentenza in questione, la cornice entro cui i giudici potranno determinare l’importo dell’indennità per le imprese che occupano fino a 15 dipendenti – ma solo per gli assunti dopo il 7 marzo 2015 – può essere così individuata:

1)       Ipotesi di assenza di giustificato motivo oggettivo o di giusta causa = 3-18 mensilità (art. 3, 1° comma, prevede per le imprese >15 dip. 6-36 mensilità);

2)       Ipotesi di licenziamento affetto da vizi formali o procedurali = 3-6 mensilità (art. 4, 1° comma, prevede per le imprese >15 dip. 2-12 mensilità);

3)       Ipotesi in cui il lavoratore accetti l’offerta conciliativa = 1,5 -13,5 mensilità (art. 6, 1° comma, prevede per le imprese >15 dip. 3-27 mensilità).

Per gli assunti prima del 7 marzo 2025, invece, rimane applicabile la disciplina prevista dall’art. 8 L. 604/66.

Tale norma prevede che nei casi di licenziamento illegittimo, diversi dalla nullità e dal licenziamento discriminatorio (per i quali è prevista la reintegra), il datore di lavoro che occupi fino a 15 dipendenti è tenuto a riassumere il lavoratore entro il termine di 3 giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell’impresa, all’anzianità di servizio, al comportamento e alle condizioni delle parti.

 

  • Sentenza n. 111 del 2025 sul termine di decadenza per l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento nel caso di lavoratore affetto da incapacità naturale accertata al momento della ricezione

Con la sentenza n. 111 del 2025 la Corte si è poi pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6 della legge n. 604 del 1966[2] nella parte in cui, anche nei casi di incolpevole incapacità naturale del lavoratore licenziato, processualmente accertata e conseguente alle sue condizioni di salute, fa decorrere il termine di decadenza di 60 gg per impugnare il licenziamento dalla ricezione dell’atto, anziché dalla data di cessazione dello stato di incapacità.

La Corte ha dichiarato incostituzionale l’art. 6, 1°comma, L. 604/1966, nella parte in cui non considera l’incompatibilità del rigido meccanismo decadenziale con una condizione soggettiva, come l’incapacità di intendere e di volere, che impedisce all’interessato di scongiurare le gravi conseguenze derivanti dal maturare della causa estintiva. Ciò in quanto non esiste un rimedio tardivo attraverso il quale l’interessato, una volta recuperata la pienezza delle facoltà intellettive e volitive, possa far valere l’illegittimità dell’atto espulsivo[3].

Pertanto, conclude la Corte, deve escludersi l’operatività dell’onere della previa impugnazione stragiudiziale entro 60 gg dalla ricezione del licenziamento, ove risulti accertato giudizialmente che il lavoratore versava in uno stato di incapacità di intendere e di volere al momento della ricezione della comunicazione o in pendenza del termine di 60 giorni previsto per la sua impugnazione.

In ogni caso, però, rimane fermo, anche in queste ipotesi, il complessivo termine massimo per l’impugnazione giudiziale in misura di 240 giorni, dato dalla somma del termine per la impugnazione stragiudiziale di cui al primo comma dell’art. 6, pari a sessanta giorni, e del successivo termine per il deposito del ricorso, anche cautelare (sentenza n. 212 del 2020), o per la comunicazione della richiesta di tentativo di conciliazione o di arbitrato, stabilito dal secondo comma in centottanta giorni”. Tale termine decorre dal momento della ricezione dell’atto.

 

  • Sentenza n. 115 del 2025 sull’equiparazione della madre intenzionale al padre per il riconoscimento del congedo obbligatorio di paternità di cui all’art. 27-bis D. Lgs.151/2001

La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 27-bis del D.Lgs. n. 151/2001, per violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui non riconosce il congedo di paternità obbligatorio ad una lavoratrice, genitore “intenzionale”, in una coppia di donne risultanti genitori nei registri dello stato civile.

Secondo la Corte l’esclusione di una delle madri, lavoratrice, dal beneficio del congedo obbligatorio di paternità determina un’irragionevole disparità di trattamento rispetto alla situazione in cui il beneficio è riconosciuto al padre lavoratore in coppie composte da genitori di sesso diverso.

Pertanto, il congedo obbligatorio di paternità di cui all’art. 27-bis D. Lgs. 151/2001, deve essere riconosciuto alla madre “intenzionale”:

  1. ove il rapporto di filiazione derivi da un atto trascritto nel registro degli atti civili (es. trascrizione atto di nascita formato all’estero a seguito di procreazione medicalmente assistita eterologa legittimamente praticata nello stato di provenienza);
  2. ove il rapporto di filiazione derivi da ipotesi di c.d. “adozione non legittimante” ai sensi dell’art. 44, comma 1, lettera d), L. n. 184/1983[4].

La pronuncia della Corte si colloca nel filone interpretativo della disciplina del congedo di maternità/paternità, e in generale del congedo parentale, improntata alla tutela dell’interesse del minore, anche con riferimento alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo, collegate allo sviluppo della sua personalità, e con la finalità di favorire l’esercizio dei doveri genitoriali secondo una migliore organizzazione delle esigenze familiari.

Osserva la Corte che gli obblighi di cura del figlio minore e dei diritti che ne derivano sono uguali rispetto al genere dei soggetti che compongono la coppia genitoriale.

Più in generale, la sentenza in commento si basa anche sul processo, avviato dalla stessa Corte Costituzionale, di progressiva valorizzazione dell’aspetto funzionale della genitorialità, identico nelle due diverse formazioni, la coppia omosessuale e quella eterosessuale. Tale processo ha portato la giurisprudenza di legittimità a riconoscere la sussistenza di un rapporto di filiazione tra il minore e la madre intenzionale, in assenza di un legame biologico, al sussistere di determinate condizioni, in quanto l’interesse del minore consiste nel vedersi riconoscere lo stato di figlio di entrambe le figure, a prescindere dal genere, che abbiano assunto e condiviso l’impegno genitoriale.

Si trasmettono in allegato i testi delle richiamate sentenze.

All.ti

pronuncia_111_2025 pronuncia_115_2025 pronuncia_118_2025

 

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Francesco Cotini  089200815  [email protected]

[1] È stata sollevata la questione di legittimità della norma per la parte in cui prevede il dimezzamento degli importi delle indennità previste dagli artt. 3, comma 1, 4, comma 1, e 6, comma 1, del D. Lgs. 23/2015 per le ipotesi di licenziamento illegittimo e per la previsione per cui, in ogni caso, l’indennità riconosciuta non possa superare il limite massimo di 6 mensilità. Il dubbio di costituzionalità è stato posto in relazione all’art. 3, 1° e 2° comma Cost., in quanto la disciplina determinerebbe, secondo il giudice a quo, un’ingiustificata disparità di trattamento tra i lavoratori a seconda delle dimensioni occupazionali del datore di lavoro, dando luogo ad una tutela standardizzata, senza consentire una personalizzazione del risarcimento in relazione alle circostanze del caso di specie ed alla gravità del vizio.

 

[2] Secondo il giudice a quo, la disposizione sarebbe affetta da irragionevolezza, in contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto non opererebbe alcun bilanciamento tra gli interessi in conflitto e anche in riferimento al principio di eguaglianza, non potendo la situazione della persona incapace essere equiparata a quella del soggetto «che tale non è». Ancora, Il giudice a quo ritiene violati gli artt. 4, primo comma, 24, primo comma, 35, primo comma, e 32 Cost., poiché la disposizione censurata, nella ipotesi prospettata, valorizzerebbe esclusivamente l’interesse del datore di lavoro al consolidamento degli effetti del licenziamento, comprimendo «oltre misura» il diritto di azione del lavoratore, correlato al diritto al lavoro, ed il diritto alla salute che la Costituzione espressamente tutela. Infine, la disciplina censurata si risolverebbe in una discriminazione in danno della persona disabile, in violazione degli obblighi, imposti dall’art. 27, paragrafo 1, lettera c), della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità e dalla direttiva 2000/78/CE.

[3] Per la Corte la disposizione si pone in contrasto con l’art. 3 Cost. ledendo, al contempo, il diritto al lavoro (art. 4, primo comma, Cost.) e alla sua tutela (art. 35, primo comma, Cost.) anche giurisdizionale (art. 24, prima comma, Cost.).

Il termine per la impugnazione, anche in via stragiudiziale, del licenziamento previsto dall’art. 6, primo comma, della legge n. 604 del 1966, osserva la Corte, “è parte di uno speciale regime decadenziale che […] trova in via generale giustificazione nelle esigenze […] di fare emergere in tempi brevi il contenzioso sul recesso datoriale, di tutelare l’affidamento che il datore di lavoro ripone sulla stabilizzazione degli effetti del licenziamento e di garantire la speditezza del giudizio promosso per accertarne la legittimità. […] Tale onere procedurale può, tuttavia, tradursi in un vero e proprio ostacolo all’accesso alla tutela giurisdizionale nel caso in cui, al momento della ricezione della comunicazione del recesso, o comunque in pendenza del termine di decadenza in esame, l’interessato, in ragione di una patologia o di altra causa perturbatrice a lui non imputabile, si trovi in uno stato di incapacità di intendere e di volere. […] la garanzia di tali diritti, che rinviene nella tutela giurisdizionale sancita dall’art. 24 Cost. un indispensabile strumento di realizzazione, risulta, infatti, strumento di realizzazione, risulta, infatti, irreparabilmente compromessa, non sussistendo un rimedio tardivo attraverso il quale l’interessato, una volta recuperata la pienezza delle facoltà intellettive e volitive, possa far valere l’illegittimità dell’atto espulsivo.”.

 

[4] La Corte afferma che “[…] è ben possibile identificare nelle coppie omogenitoriali femminili una figura equiparabile a quella paterna all’interno delle coppie eterosessuali, distinguendo tra la madre biologica (colei che ha partorito) e la madre intenzionale, la quale ha condiviso l’impegno di cura e responsabilità nei confronti del nuovo nato, e vi partecipa attivamente. E tale distinzione risulta applicabile anche nei casi di adozione non legittimante, in cui al rapporto giuridicamente riconosciuto con la madre biologica si affianca il legame del figlio con la madre intenzionale, ai sensi dell’art. 44, comma 1, lettera d), della legge n. 184 del 1983”.

 




APPALTI PUBBLICI | Nuovo Accordo di collaborazione tra Confindustria e Consip

Il 4 luglio Confindustria e Consip hanno siglato un Accordo di collaborazione, con l’obiettivo di rendere strutturale il dialogo tra imprese e Pubblica Amministrazione per favorire la più proficua corrispondenza tra l’offerta privata e i fabbisogni pubblici.

L’intesa rende di fatto strutturale il rapporto di reciproca collaborazione – che ha già dimostrato la sua efficacia – come “metodo” per approfondire e diffondere una nuova visione evoluta del public procurement, che diventa un efficace strumento per implementare scelte pubbliche decisive, come quella di realizzare la transizione energetica, ambientale e digitale

L’importanza di consolidare questo cambio di passo risulta evidente dall’osservazione dei dati di acquisto della PA: gli appalti pubblici dell’UE rappresentano circa il 14% del PIL dell’UE, ovvero circa 2.000 miliardi di euro all’anno. In Italia, il peso percentuale sul PIL nazionale è in linea con quello dell’UE. Nel 2024, il valore dei bandi pubblicati ammonta a circa 272 miliardi di euro (Relazione Annuale ANAC 2025), di cui 211 miliardi di euro per forniture e servizi.

Gli acquisti della PA possono quindi fornire un contributo molto rilevante alla costruzione di ecosistemi industriali sostenibili e resilienti, anche attraverso la qualificazione della spesa pubblica e Consip rappresenta un interlocutore privilegiato in quanto, in considerazione del volume di acquisti che gestisce, è in grado di spingere l’innovazione e, più in generale, le politiche industriali.

Un tassello fondamentale del percorso che si intende mettere in atto è l’allineamento più efficace tra fabbisogni della PA e offerta del sistema produttivo e l’attivazione di un circuito virtuoso tra le due anime del sistema degli appalti pubblici, domanda e offerta. Ciò, tra l’altro, nell’ottica di ricostruire le filiere, nonché di consentire alle imprese la possibilità di offrire prodotti tecnologicamente più avanzati o alternativi rispetto a quelli che la PA esprime come attuale fabbisogno, per perseguire obiettivi di riqualificazione della spesa pubblica.

L’Accordo, che alleghiamo, prevede azioni congiunte molto concrete:

  • definire nuove modalità di comunicazione per migliorare la conoscenza dei servizi Consip presso il sistema confederale;
  • analizzare le prospettive di sviluppo e innovazione dei principali settori merceologici;
  • progettare il nuovo “Sportello in Rete” di Consip, per offrire alle imprese associate un’efficace assistenza nell’utilizzo degli strumenti di e-procurement;
  • individuare soluzioni che agevolino l’accesso delle PA e degli operatori economici ai fondi europei.

Provvederemo ad aggiornarVi sugli sviluppi.

Accordo Confindustria-Consip__4 luglio 2025




LAVORO | Politiche attive del lavoro: accordo Confindustria – Federmanager

Lo scorso 24 luglio Confindustria e Federmanager hanno sottoscritto un accordo in materia di politiche attive del lavoro, in attuazione di quanto stabilito nel rinnovo del CCNL per i dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi del 13 novembre 2024.

In particolare, l’accordo – che si allega – definisce i contenuti e le modalità operative dei servizi di politica attiva affidati alla Fondazione Fondirigenti – Giuseppe Taliercio, incaricata di sviluppare, gestire e monitorare un sistema strutturato di interventi a favore dei dirigenti in servizio e dei dirigenti temporaneamente disoccupati da non oltre 6 mesi (estesi a 12 in sede di prima applicazione).

L’accordo stabilisce anche la decorrenza del relativo obbligo contributivo (100 € per ciascun dirigente in servizio), prevedendo che l’avvio della riscossione avverrà entro il 30 novembre 2025.

L’avvio operativo dei nuovi servizi è previsto per l’inizio del 2026. Fino al 31 dicembre 2025 continueranno ad essere forniti i servizi in essere da parte di 4.Manager.

L’obiettivo è duplice: prevenire situazioni di disoccupazione e favorire la rioccupazione, puntando sul rafforzamento delle competenze (employability).

I servizi offerti, quindi, saranno orientati a:

  • prevenire e contrastare situazioni di disoccupazione attraverso percorsi personalizzati di assessment, bilancio delle competenze, orientamento e formazione, valorizzando il patrimonio di competenze manageriali;
  • sostenere il reinserimento professionale dei dirigenti disoccupati anche mediante un servizio di placement mirato.

L’erogazione dei servizi avverrà tramite una piattaforma digitale dedicata, che consentirà sia la fruizione dei servizi da parte dei dirigenti, sia la gestione dell’obbligo contributivo.

L’accordo rappresenta un importante cambio di paradigma nelle politiche del lavoro per i dirigenti, promuovendo un approccio integrato tra prevenzione e riqualificazione, in linea con l’evoluzione del mercato del lavoro e con l’esigenza di rafforzare l’employability del management.

Si allega una presentazione in formato slide che sintetizza i contenuti e i principali punti operativi dell’accordo.

All.ti

 

RELAZIONI INDUSTRIALI: 

Giuseppe Baselice  089200829  [email protected]

Francesco Cotini  089200815  [email protected]

 FORMAZIONE

Marcella Anzolin  089200854  [email protected]